C’è buonismo a buon mercato nelle parole del papa?

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C’è buonismo a buon mercato nelle parole del papa?

Papa Francesco continua ad annunciare la misericordia del Signore come tenerezza divina,  ‘misericordia’ richiede una “rivoluzione della tenerezza”. Lo scriveva già al n° 88 dell’enciclica “Evangelii Gaudium: “Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza”. Egli è tornato più volte, anche in altre occasioni sul tema della “rivoluzione della tenerezza” come frutto di questo anno della misericordia. Dire misericordia è lo stesso che dire tenerezza, perché la misericordia di Dio è proprio “la sua tenerezza verso ciascuno di noi”. Tenerezza e misericordia, sono due parole che possono essere considerate tipiche del linguaggio di papa Francesco. L’interrogativo posto nel titolo nasce dal fatto o meglio dai fatti che in quanto cristiani e cattolici stiamo vivendo nel mondo, in Europa e nella stessa nostra Italia. Sembra ci sia in atto una strategia tesa a far sparire il Cristianesimo nel mondo con atti persecutori fino all’eliminazione fisica dei cristiani, sotto lo sguardo indifferente di chi dovrebbe garantire a tutti la libertà di espressione, anche religiosa. L’Europa poi, che per secoli è stata culla del Cristianesimo, vive un’ondata di terrore di fronte al quale anche il cristianesimo stesso è associato tra le cause di questa violenza, in quanto religione e come tale causa delle contrapposizioni delle diversità.

Molti chiedono che le sue manifestazioni siano bandite dalle forme pubbliche e siano relegate alla sfera privata. A causa di questo influsso anche in Italia qua e là sta prendendo piede l’idea dell’esclusione di quanto può in qualche modo fare riferimento alla millenaria tradizione anche culturale cristiana e cattolica, che ha determinato e ancora determina l’organizzazione sociale e culturale della nostra società. Il tentativo di ridurre lo spazio o addirittura vietare l’informazione e non permettere la manifestazione di ciò che è stato per molti secoli icona di bontà e invito alla pace a alla fratellanza tra i popoli, come il Natale e non solo, non è dovuto principalmente alla presenza di islamici o del terrorismo islamico ma al lungo processo europeo, a cui si sta accodando anche l’Italia, della secolarizzazione laicistica, propagandata come progresso e apertura al diverso. Non mancano peraltro, oltre alle critiche fondate, gli insulti gratuiti e sistematici alla Chiesa cattolica (basta ascoltare trasmissioni come ‘la zanzara” di radio 24, ben foraggiata da chi lascia intendere progetti ideologici ben chiari), contrabbandati come libertarismo assoluto ma che invece lasciano intendere l’intento di trasformare il Continente Europeo, che per secoli ha fatto da culla al Cristianesimo, nel suo letto di morte. La via è quella di denigrarne l’azione, di escluderne le manifestazioni per giungere poi alla soppressione, sempre in nome della non nuova rivoluzionaria e napoleonica libertà d’oltralpe che pure si va diffondendo in Italia. In questo contesto “la rivoluzione della tenerezza” proposta da papa Francesco è invito ai cristiani, e a tutti, a verificare con trasparenza le proprie convinzioni circa un autentico orientamento e interesse per la giustizia, l’equità e l’amore autentico verso gli altri uomini, specie verso i poveri e più poveri. Per noi cristiani è anche verifica delle solide convinzioni, che non si devono limitare alla semplice ripetizione di abituali convenzioni, ma devono portare alla autentica conversione, nella quale dobbiamo lasciarci coinvolgere. Abbiamo bisogno tutti di trasformazione verso quella misericordia divina in direzione di quella giustizia a cui induce la celebrazione di ogni Giubileo, tanto più in questo, incentrato sulla Misericordia di Dio verso di noi che diventa criterio della nostra misericordia verso gli altri: “Misericordiosi come il Padre”. Entrando per la “porta santa o giubilare” ciascuno deve sentire risuonare in sé la parola del Salmo 118, 19-20: “Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore. È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti”; o quella del profeta Isaia (26,2): “Aprite le porte: entri il popolo giusto, che si mantiene fedele”. Non dimentichiamo che Gesù stesso ha proclamato: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore” (Gv 7,14), in parallelo con l’altra espressione, poche righe dopo: “Io sono il buon pastore” (Gv 10,14). Quel pastore che è venuto a compiere la volontà del Padre: “…che neanche uno di questi piccoli si perda”.  Nella celebrazione imminente del Natale siamo invitati a contemplare l’incarnazione del Figlio di Dio come manifestazione della “grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti” (1Tt 2,11) e manifestazione della “bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli uomini” (1Tt 3,4); per la sua grazia, bontà e amore “Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia…giustificati dalla sua grazia” (1Tt 3,5-7). Per non parlare poi della rivelazione che Dio ha fatto di sé a Mosè (richiamata dal papa nella bolla ‘Il volto della Misericordia’) che si riassume nell’espressione del salmo 103,8.13: “Misericordioso e pietoso è il Signore… Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono…”. 

+ Adriano Tessarollo