La verità della gente

vescovo-bivalvia
Facebooktwitterpinterestmail

COMMENTANDO…

La verità della gente

La fame di denaro, potere e orgoglio schiavizzano uomini e popoli. A fronte di quanto sta accadendo ormai da anni e si va incrementando in questi giorni, è lecito porsi l’interrogativo se tutto ciò faccia parte di una strategia, o ci si debba rassegnare e dire che tutto accade ‘fatalmente’ proprio in un’epoca in cui l’uomo vanta la tecnica di dominare tutto. Bisogna chiedersi chi ne sta traendo vantaggio e chi ne sta pagando il prezzo più alto e se vi sia qualcuno che ha fin troppo chiaro dove vuole arrivare. Da tempo mi vado interrogando su questi temi. Oggi tento, senza troppe pretese, di avanzare qualche riflessione, incoraggiato parzialmente dalle riflessioni di qualche giorno fa di Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere”. Mi soffermo su due spunti. Nel primo egli chiede, a chi ha il potere di farlo, il coraggio di: “Tirare in ballo finalmente le responsabilità dell’Arabia Saudita (e non solo, aggiungo io) o intervenire con efficacia contro il mercato delle armi. Aggiungerei personalmente anche il coraggio di valutare con più acutezza e realismo quel che da anni succede in Turchia, cercando di capire l’operato di Erdogan, quali mire stia perseguendo, con quali strategie, mezzi e interessi.

Eppure l’Europa lo sta finanziando non per risolvere il problema dei fuggitivi e rifugiati, ma solo per dirottare la rotta balcanica di quei poveracci messi in fuga dalla Siria specialmente dagli orrori dell’Isis e altri, fino a ieri apertamente appoggiati dalla Turchia, per proprio vantaggio. Ma perché la gente scappa dall’Iraq, dall’Afghanistan, dal Pakistan, India… dall’Africa del nord e centrarle, paesi non poveri di risorse? Da quale cultura traggono ispirazione quei governi e società, e con quali metodi governano? Mi chiedo anche perché lo Jihadismo, il Califfato o l’Isis o altro, nascano proprio là e di là si diffondano e in quale aree culturali trovino adepti. E pure mi chiedo perché debbano andare a combatterlo l’Europa, l’America e la Russia. Lo stesso dicasi di Boko Haram e altri gruppi che seminano morte. Ma chi li finanzia, li arma e ci trae lucro? Qual è l’humus, lo sfondo sociale, culturale e religioso da cui tutto questo trae origine?

Pure per la seconda riflessione faccio riferimento allo spunto di Galli della Loggia nello stesso articolo in cui invita i responsabili a non limitarsi a “soluzioni mitico-consolatorie tipo «più intelligence», «più dialogo», «più tolleranza», «più integrazione»: che come si capisce è difficile che risolvano qualcosa”. Bisogna, egli dice, “entrare nel merito”, della questione, cioè avere il coraggio di valutare “quale sia il reale rapporto che intercorre tra religione islamica e radicalismo islamista. E chi, e in che modo, possa eventualmente fare qualcosa”.

La nostra ‘intellighentia’ culturale cristianofobica europea, imitata benissimo in Italia, sembra interessata a fare spazio alle culture e religioni che giungono a noi con questi immigrati e profughi. E fino a qui va bene, ma spesso si ha l’impressione che sotto il pretesto di favorire le minoranze ci sia l’obiettivo più o meno nascosto di limitare gli spazi alla cultura e religione cristiana che hanno ispirato il cammino e il progresso dell’Europa, facendo di tutte le religioni un fascio e facendosi paladini di una libertà (vedi Francia) finalmente emancipata dalla verità dell’uomo, dei suoi sentimenti e intendimenti, tra cui anche la religione che pare invece essere il sentimento più importante alla maggior parte dell’umanità anche oggi! Essa è pure espressione fondamentale dell’identità culturale di un popolo. Allora si abbia il coraggio e l’onestà di fare le dovute distinzioni che portano al corretto giudizio critico di valori e limiti di ognuna. Non si favorisce il dialogo e l’accoglienza con provvedimenti o posizioni che costringono i nativi a rinunciare alle loro tradizioni, usi e costumi per fare spazio o per non ‘offendere’ le tradizioni dei nuovi arrivati.

Questo, ripeto, crea non accoglienza e integrazione ma reazione e rifiuto reciproco. Chi arriva va pure educato a conoscere e rispettare i suoi doveri prima ancora, o quanto meno contemporaneamente, di esigere diritti che talvolta non vengono riconosciuti nemmeno ai nativi, giudicati talora con disprezzo dai nuovi arrivati, magari con una pretesa superiorità religioso-culturale. C’è bisogno di pensare e ascoltare di più su questi argomenti.

+ Adriano Tessarollo

 

(Da “Nuova Scintilla” n. 29 del 24/7/2016)